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venerdì 30 luglio 2010

Praga



Praga vista dal Moldava


Praga vista dal castello


Ingresso principale del castello


La cattedrale di S.Vito



                    " Zam Schody "                                         



Ingresso alla "Mostecka"


" Mostecka "


Statua di S.Giovanni Nepocumeno sul ponte Carlo


" Dum u cerne mattki bozi "-Casa alla Madre nera di Dio-Edificio del 1912


Antico edificio del 1893


" Dum u tri zlatych "-Casa  i tre leoni d'oro che ospitò Mozart nel 1787


" Orloj "-Torre con orologio


Fu costruito nel 1410 da Mikulas Di Kadan 


Il frontone coronato da pinnacoli del tempio di Tyn


Chiesa di S.Salvator, fatta costruire in stile rinascimentale
 

" Sv. Martin Vezdi "-San Martino al muro dove nel 1414 ebbe inizio il rito utraquista


" Sv. Mikulas-Riedificata in forme barocche tra il 1732 e il 1737 su progetto di Ignaz Dientzenhofer 



" Staranova Sinagoga "-Sinagoga Vecchianuova , fu costruita tra il 1270 in stile romanico-gotico


" Sv. Frantisck u Krisouniku- San Francesco ai Crociferi-1679-1689
 

" Dum u Zlate Stuone "-Casa del pozzo d'oro
 

Sv. Mikulas- Capolavoro barocco praghese di Cristoph Dientzenhofer,sulla sinistra la colonna della peste edificata nel 1715 per commemorare la fine dell'epidemia del 1713


" Prasna Brana "-Porta delle polveri, arco di trionfo lungo la via reale ( 1475-1489 )


Edifici tipici


" Stavouske Divadlo "-Teatro degli Stati generali-1781


Monumento a Franz Kafka in via Sikova


Piazza S.Venceslao- Qui i praghesi tentarono di fermare l'avanzata nella città dei carri armati russi.Nel 1969 lo studente Jan Palach cosparsosi di benzina si immolò ai piedi della statua di S.Venceslao


Antico mulino ad acqua nell'isola di Kampa


" Dum u tri housticek "-Casa dei tre violini " vinaria " specializzata in rosso vavrinec di Moravia


La casa danzante detta " Ginger e Fred ( 1996 )


Il muro del giardino di Velkoprevorsky Palac dove i giovani di Praga iniziazono nei prini anni ottanta del novecento a dipingere graffiti e scritte di protesta ispirate alla musica di John Lennon vietata dal regime comunista


Il ponte Carlo venne impostato nel 1357, nel 1870 è intitolato al suo committente l'imperatore Carlo IV

giovedì 29 luglio 2010

Morte

Due  militari  italiani colpiti da un ordigno artigianale a 20 km da Herat.

È ancora un Ied , un ordigno improvvisato , a seminare la morte tra i militari italiani in Afghanistan. Oggi l’esplosione non ha però sorpreso i soldati in pattuglia su un blindato, ma mentre erano a piedi occupati a perlustrare una zona vicino ad Herat dopo avere appena disinnescato un’altra bomba. Lievemente ferita anche una soldatessa. L’escalation di violenza che sta investendo il Paese, dunque, non risparmia la zona Ovest, quella guidata dagli Alpini. Tante le attestazioni di cordoglio, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano al premier Silvio Berlusconi.
Il fatto è avvenuto nel pomeriggio, in una zona a circa 8 km dal centro di Herat. La polizia afgana individua la presenza di una bomba rudimentale e, come avviene in questi casi, chiede l’intervento degli specialisti artificieri degli Alpini. Parte quindi un team del 3/o reggimento Genio, specializzato nella rimozione di ordigni esplosivi improvvisati: un dispositivo composto da 36 militari su 8 veicoli blindati Lince, uno dei quali in versione ambulanza. Gli artificieri disinnescano la bomba, ma mentre perlustrano a piedi la zona circostante per accertare l’eventuale presenza di altri ordigni, il primo maresciallo Mauro Gigli, di 41 anni, ed il caporal maggiore capo Pierdavide De Cillis, di 33, vengono investiti ed uccisi da una forte esplosione. A seguito dello scoppio riporta lievi escoriazioni anche una soldatessa, il capitano Federica Luciani. Si parla anche di due afgani morti, ma il comando italiano riporta solo il ferimento lieve di un civile.
Un’inchiesta è tuttora in corso per accertare la dinamica di quanto accaduto ma è ancora presto per ipotizzare una trappola. Quello che è certo è che gli Ied costituiscono la principale minaccia nell’Ovest, per i militari italiani, ma anche per forze armate e civili afgani. Negli ultimi giorni, nella zona di Shindand, gli specialisti degli Alpini, insieme alle forze di sicurezza afgane, hanno disinnescato quattro ordigni esplosivi improvvisati. Si tratta di un impegno quotidiano per gli artificieri del contingente che si servono di mezzi blindati, robot telecomandati, cani, pinze e strumenti sofisticati per disinnescare in sicurezza. Ma l’imprevisto, il pericolo, è sempre in agguato in operazioni del genere, pur affidate a uomini di grandissima esperienza. Le due vittime, infatti, avevano al loro attivo numerose missioni all’estero durante le quali avevano effettuato un elevato numero di interventi di disinnesco di ordigni esplosivi.
( notizie tratte dalla Stampa)

Il mio blog osserverà una giornata di lutto per onorare i caduti in Afghanistan.

Invio le mie più sentite condoglianze ai familiari delle vittime.

martedì 27 luglio 2010

Interessante leggere..........



Nicholas Nickleby di Charles Dickens.

Il giovane Nicholas Nickleby si trova, in giovane età, a dover sostenere la sua famiglia, dopo la perdita del padre. La famiglia, trasferitasi nella caotica Londra, del 1800, cerca appoggio nella figura del fratello del defunto, Ralph Nickleby, che si rivelerà, ben presto, nella sua natura perfida ed egoistica. Fondendo drammaticità, spunti critici,satira e avventura, Dickens costruisce una trama ricca di fascino, con personaggi psicologicamente intensi.


Quo vadis? Di Henryk Sienkiewicz.

E' un romanzo storico pubblicato dapprima a puntate nel 1894 sulla Gazzetta Polacca e quindi raccolto in un unico volume nel 1896, portò a livello internazionale la fama dell'autore, che per questo divenne premio Nobel per la letteratura nel 1905.Sullo sfondo della Roma imperiale, soffocata dalla tirannide di Nerone, viene narrata la storia d'amore contrastrata e impossibile fra Ligia, una cristiana, e Marco Vinicio, patrizio romano. Il loro è un amore solcato dalle differenze ideologiche che dividono i loro mondi: quello pagano, nel suo massimo splendore di gloria e nella sua massima decadenza morale, e quello dei cristiani delle catacombe, impregnato di preghiera e amore fraterno. La loro storia affonda dunque in quella serie di avvenimenti storici che condurranno al Grande incendio di Roma del 64 e, di conseguenza, alla successiva persecuzione anti-cristiana.
Sienkiewicz decise di dare questo titolo al suo romanzo in ricordo del famoso episodio - ripreso da una tradizione popolare non contenuta nei Vangeli - nel quale Gesù appare a san Pietro, il quale gli rivolge appunto la domanda: Quo vadis, Domine? (Dove vai, Signore?).


Il rosso e il nero di Stendhal.

Julien Sorel è un giovane ambizioso, figlio
 del proprietario di una segheria. Dotato per le lettere latine e la teologia, studia sotto la tutela del curato Chélan della parrocchia di Verrières, piccola cittadina della Franca Contea. È un fervente ammiratore di Napoleone Bonaparte. Grazie ad un atteggiamento amorale riesce a soddisfare la sua sete di ascesa sociale.
Diventa precettore in casa di Monsieur Renal, sindaco conservatore della cittadina. La sua ambizione lo spinge a conquistare la moglie di questo, Madame de Renal, di cui però si innamora. Iniziano a spargersi delle voci nel paese e Renal riceve una lettera anonima che lo informa dell'infedeltà della moglie. Julien decide allora di partire per Besançon e di entrare in seminario.
In seminario Julien riesce a farsi potenti amicizie. Alla fine viene assunto come segretario in casa del marchese de la Mole di cui attira ben presto le simpatie. In casa, a Parigi, conduce una vita mondana. La figlia del marchese, Matilde, s'innamora di Julien. È però combattuta tra l'amore e il conservare una posizione sociale. Anche Julien si innamora e, grazie ad un astuto piano, riesce a farla capitolare.
Matilde informa suo padre della sua intenzione di sposare Julien. Il marchese sospetta che Julien sia un cacciatore di dote; ciò nonostante gli conferisce un titolo e una rendita. Quando il matrimonio sta per essere celebrato arriva però una lettera di Madame Renal la quale informa il marchese che Julien l'ha ingannata e che è in realtà un truffatore. La lettera è stata dettata dal curato di Verrières, ma il marchese de la Mole ci crede.Julien, che vede tutti i suoi sogni e le sue speranze distrutte, va a Verrières e spara a Madame Renal durante la messa. Viene imprigionato e condannato alla ghigliottina nonostante tutti gli intrighi architettati da Matilde e l'affetto di Madame Renal che è sopravvissuta e che, colta dai rimorsi, lo perdona. Alla sua morte Matilde recupera la sua testa e prima di seppellirla, la bacia. Madame de Renal muore invece di disperazione tre giorni dopo.


Ben Hur di Lew Wallace.

La vicenda narrata si svolge in Palestina 21 anni dopo la nascita di Gesù, Ben Hur ha 17 anni e incidentalmente fa cadere una tegola proprio in testa a Valerio Grato, console dell'impero romano di passaggio. In quell'occasione si sente tradito da Messala, suo compagno che assiste a tutta la scena e non fa nulla per impedire l'arresto.
I soldati arrestano sia Ben Hur che la sua famiglia con l'accusa di tentata rivolta nei confronti di Roma e il ragazzo viene condannato ad essere schiavo sulle navi romane come rematore, mentre sua madre e la giovane sorella di nome Tirza sono imprigionate.
Durante un attacco notturno condotto dai pirati, Ben Hur salva Quinto Arrio dalla morte. Quest'ultimo lo adotta e lo nomina erede come ricompensa delle sue azioni.
In cerca di informazioni sul destino dei suoi parenti Ben Hur si reca ad Antiochia dove conosce Esther, la figlia di Simonide, e i due si innamorano. Al circo di Antiochia, prende parte alla corsa di quadrighe a cui Messala partecipa e riesce a sconfiggerlo. Nello scontro però il carro di Messala rimane agganciato dalla ruota di Ben Hur finendo in pezzi e mandando Messala contro i suoi cavalli che lo travolgono, ferito gravemente non muore.
Tornato in Palestina, Ben Hur riesce a trovare il luogo in cui sono rinchiuse sua madre e Tirza. Liberate, scopre che sono state infettate dalla lebbra, ma sul Monte degli Ulivi incontrano una folta schiera di fedeli che si avvicinano a Gesù che guarisce le due donne con un miracolo.
Ben Hur sposa Esther, che lo rende padre. La storia finisce con l'incontro fra Ben Hur e Gesù sul Golgota, inchiodato ad una croce, poco prima della morte, da qui la sua conversione al cristianesimo.


L'Odissea di Omero.

Il poema è uno dei Nostoi (Nόστοι, "ritorni"), i poemi greci del ciclo epico che descrivevano il ritorno degli eroi achei in patria dopo la distruzione di Troia.
Telemaco, il figlio di Odisseo, era ancora un bambino quando suo padre era partito per la Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell'Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent'anni; condivide la casa paterna con la madre Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini arroganti, i Proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito è ormai definitiva e che, di conseguenza, lei dovrebbe scegliere tra loro un nuovo marito; la donna ha promesso che lo farà solo quando avrà finito di tessere un sudario per il suocero Laerte; ma Penelope di notte disfa la tela tessuta durante il giorno.La dea Atena, protettrice di Odisseo, in un momento in cui il dio del mare Poseidone, suo nemico giurato, si è allontanato dall'Olimpo, discute del destino dell'eroe con il re degli dei, Zeus. Quindi, assunte le sembianze di Mente, padre dei Tafi, va da Telemaco e lo esorta a partire al più presto alla ricerca di notizie del padre. Telemaco le offre ospitalità e insieme assistono alle gozzoviglie serali dei Proci, mentre il cantastorie Femio recita per loro un poema. Penelope si lamenta del testo scelto da Femio, ovvero il "Ritorno da Troia" perché le ricorda il marito scomparso, ma Telemaco si oppone alle sue lamentele.
Il mattino seguente Telemaco convoca un'assemblea dei cittadini di Itaca e chiede loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Sciolta l'assemblea senza aver ottenuto nulla, Telemaco è raggiunto da Atena (che stavolta ha assunto le sembianze del suo amico Mentore) che gli promette la nave e i compagni. Così, all'insaputa della madre, fa vela verso la casa di Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia e che aveva fatto ritorno nella sua Pilo. Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si dirige via terra verso Sparta, dove incontra Menelao ed Elena che si sono alla fine riconciliati. Gli raccontano che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio durante il quale erano passati anche per l'Egitto: lì, sull'isola incantata di Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio dio del mare Proteo che gli aveva detto che Odisseo era prigioniero della misteriosa Ninfa Calipso. Telemaco viene così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao, Agamennone, re di Micene e capo dei greci sotto le mura di Troia, che era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie Clitennestra con la complicità dell'amante Egisto.
 Dopo svariate peripezie , ha trascorso appunto gli ultimi sette anni prigioniero sulla lontana isola Ogigia della Ninfa Calipso. Il messaggero degli dei Ermes la convince però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruisce a questo scopo una zattera. La zattera, dato che il dio del mare Poseidone gli è nemico, fa inevitabilmente naufragio, ma egli riesce a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra sull'isola Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cade addormentato. Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, vede la giovane Nausicaa che era andata sulla spiaggia accompagnata dalle sue ancelle per lavare dei panni. Odisseo le chiede così aiuto, ed ella lo esorta a chiedere l'ospitalità dei suoi genitori Arete e Alcinoo, re dei Feaci. Questi lo accolgono amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli sia. Resta parecchi giorni con Alcinoo, partecipa ad alcune gare atletiche ed ascolta il cieco cantore Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.
Il primo narra di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, "La lite tra Odisseo ed Achille"; il secondo è il divertente racconto della storia d'amore tra due déi dell'Olimpo, Marte e Afrodite. Alla fine Odisseo chiede a Demodoco di continuare ad occuparsi della guerra di Troia, e questi racconta dello stratagemma del Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell'indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall'aver rivissuto quei momenti, Odisseo finisce per rivelare la sua identità, ed inizia a narrare l'incredibile storia del suo ritorno da Troia .
Dopo aver saccheggiato la città di Ismaro, nella terra dei Ciconi, lui e le dodici navi della sua flotta persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei pigri Lotofagi e finirono per essere catturati dal Ciclope Polifemo riuscendo a fuggire, dopo aver subito gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l'unico occhio con un tronco d'albero appuntito, e di uscire dalla grotta del gigante appendendosi al suo gregge. Sostarono per un periodo alla reggia del signore dei venti Eolo, che diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva quasi tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. I marinai, però, aprirono sconsideratamente l'otre mentre Odisseo dormiva: i venti uscirono insieme dall'otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute.
Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli rifiutò di farlo. Rimessisi in mare finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati, giunsero all'isola della maga Circe, che con le sue pozioni magiche trasformò in maiali molti dei marinai di Odisseo. Il dio Ermete venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l'effetto delle pozioni di Circe. In questo modo egli costrinse la maga a liberare i suoi compagni dall'incantesimo. Ulisse diventò poi l'amante di Circe, tanto che restò con lei sull'isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo del fatto che era giunto il momento di ripartire.
Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono l'Oceano e raggiunsero una baia situata all'estremo limite occidentale del mondo conosciuto, nella terra dei Cimmeri. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo scese nel mondo dei morti, ed evocò lo spettro dell'antico indovino Tiresia affinché gli facesse da guida. Incontrò poi lo spettro di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall'avidità dei Proci. Incontrò poi molti altri spiriti di uomini e donne illustri e famosi, tra i quali il fantasma di Agamennone che lo mise al corrente del suo assassinio.
Quando tornarono all'isola di Circe questa, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio. Riuscirono a fiancheggiare indenni gli scogli delle Sirene e passare in mezzo alla trappola rappresentata da Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, e dal terribile gorgo Cariddi, approdando sull'isola Trinacria. Qui i compagni di Odisseo – ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe – catturarono ed uccisero per cibarsene alcuni capi della sacra mandria del dio del sole Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo stesso, finirono annegati. Lui fu spinto dai flutti sulle rive dell'isola di Calipso, che l'aveva costretto a restare con lei come suo amante per sette anni.
Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua lunga storia, i Feaci, che sono un popolo di abili navigatori, decidono di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre è profondamente addormentato, lo portano ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Al suo risveglio la dea Atena lo trasforma in un mendicante. Così trasformato in un vecchio, si incammina verso la capanna di Eumeo, guardiano dei porci, che gli è rimasto fedele anche dopo così tanti anni. Il porcaro lo fa accomodare e gli dà da mangiare. Dopo aver cenato insieme, racconta ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della propria vita. Dice loro di essere nativo di Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell'Egitto e di essere alla fine naufragato sulle coste tesprote e da lì venuto ad Itaca.
 Intanto Telemaco fa vela da Sparta verso casa e riesce a scampare ad un'imboscata tesagli dai Proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, va anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre ed il figlio si incontrano: Odisseo si rivela a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo) ed insieme decidono di uccidere i Proci. Dopo che Telemaco è tornato a palazzo per primo Odisseo, accompagnato da Eumeo, fa ritorno nella sua casa ma continua a restare travestito da mendicante. In questo modo osserva il comportamento violento e tracotante dei Proci, e studia il piano per ucciderli. Incontra per primo il suo cane Argo che lo riconosce e dopo un ultimo sussulto di gioia muore felice per aver rivisto il padrone, incontra poi anche sua moglie Penelope, che non lo riconosce, e cerca di capire le sue intenzioni raccontando anche a lei di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo. Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, dice anche che di recente in Tesprozia ha avuto notizia delle sue più recenti avventure.
La vecchia nutrice Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando egli si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinge i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l'arco ed i Proci dovranno servirsi dell'arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l'ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l'arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l'arco contro i Proci e, con l'aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci e uccidono il capraio Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo può finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esita e non riesce a credere alle sue parole, ma si convince dopo che il marito le descrive alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito in occasione del loro matrimonio.
.Il giorno dopo, insieme a Telemaco, va ad incontrare suo padre Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accetta la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ha descritto il frutteto che un tempo Laerte stesso gli aveva donato. Gli abitanti di Itaca hanno seguito Odisseo con l'intenzione di vendicare le uccisioni dei Proci loro figli: quello che sembra essere il capo della folla fa notare a tutti che Odisseo è stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che l'avevano seguito in guerra dei quali nessuno è sopravvissuto, poi i Proci che ha ucciso con le sue mani. La dea Atena però interviene nella disputa e convince tutti a desistere dai propositi di vendetta.


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Questo post è dedicato al mio amico Zane